I consigli del generale Nicolò Manca

Il libro “Il mondo al contrario” ha sollecitato una riflessione più articolata e fuori dal coro dell’alto Ufficiale, già comandante della “Sassari” e ora a riposo.

Pubblichiamo il testo inviatoci dal generale a riposto Nicolò Manca su un tema che ha creato un acceso dibattito, tuttora in corso, tra le forze politiche e, quel che più conta, nella società. Il generale Manca ha affrontato i temi dei proiettili ad uranio impoverito e della pandemia da Covid creando una interessante relazione. Nella sua analisi il Generale mette bene in luce l’effetto del libro “Il mondo al contrario” autoprodotto del generale Roberto Vanancci.

«Con il passare dei giorni ha preso piede sulla stampa l’ipotesi che Roberto Vannacci sia finito sotto l’incudine del vertice politico-militare per via di sue precedenti denunce volte a tutelare i suoi soldati dai pericoli derivanti dall’esposizione all’uranio impoverito. È lecito però il sospetto che possa trattarsi di un’operazione di distrazione di massa volta ad alimentare (ma anche a diluire) le note diatribe di natura sessuale, sociale, ambientale e razziale artatamente sollevate dall’ormai celebre “Il mondo al contrario”.

Del depleted uranium o DU si è parlato nel mondo per un decennio e in particolare in Italia, da quando le conclusioni della prima “commissione Mandelli” (Corriere della Sera del 9/2 e dell’11/3/ 2001) svelarono che “l’uranio impoverito emette 3 milioni di volte meno radioattività del Ra-226 che si usa per vedere al buio le lancette delle sveglie”. Nel mondo si contano circa 800 brevetti di oggetti di uso quotidiano realizzati con uranio impoverito: si va dagli stent impiantati nelle nostre arterie alle corone dentarie, ai cellulari, candele per auto, microfoni, auricolari, forni a microonde, serrature, respiratori subacquei, canne da pesca, mazze da golf ecc.

Nel presentare a Siena le conclusioni del “Rapporto Scientifico del Congresso per le Contaminazioni Radioattive”, il professor Franco Nobile il 29 settembre 2001 dichiarò “…non ci sembra certamente il caso di parlare di effetti letali per l’UI … sappiamo che nell’uomo il periodo di latenza tra l’esposizione e l’insorgenza di un cancro può durare 8 anni nel caso di una leucemia … mentre può essere due tre volte maggiore nel caso di tumori solidi … possiamo affermare che le indagini cliniche, di laboratorio ed ecografiche escludono la presenza di tossicità chimica e/o da contaminazione radioattiva riconducibili all’UI nei 612 soggetti esaminati…improbabile la responsabilità dell’UI nei linfomi … ascrivibili ad altre cause o concause da individuare (fumo, benzene, superalcolici, vaccini ecc)”.

Significativo che già allora tra le possibili concause di complicanze varie si citassero “i vaccini”, cui erano sottoposti in maggior misura i militari impegnati “fuori area”. I “612 soggetti esaminati” erano paracadutisti del 186° Reggimento impiegati in Bosnia, Kosovo, Albania, Somalia, Iraq, Mozambico e Timor Est, soldati che erano stati sottoposti, unitamente a 11 giornalisti e altri operatori sanitari, a trenta esami di laboratorio da parte di un team di un centinaio di esperti tra cui 7 oncologi, 5 ecografisti, 4 dermatologi e primari di varie specialità.

Alle stesse conclusioni della due Commissioni Mandelli giunsero anche ricercatori dello spessore di Giuseppe Remuzzi, nefrologo di fama mondiale, Mario Mariani del Politecnico di Milano e Giorgio Trenta, medico e fisico. Anche Margot Wallstrom , Commissaria Europea per l’Ambiente, al termine di una apposita indagine, nel marzo 2001 dichiarò: “..l’esposizione all’UI causa dosi di radiazioni compatibili con i livelli naturali”. Analoga la conclusione della commissione a livello ONU che nel 2001 prese in esame un contingente impiegato in Kosovo: “ La missione UNEP -United Nations Environmetal Program- conclude, pertanto, che i rischi sia radiologici che chimici, dipendenti dalla presenza di proiettili a base di UI nel territorio del Kosovo, sono irrilevanti”. Significativo infine che la dolorosa vicenda del soldato Valery Melis (chiusa definitivamente il 17/4/2015 dal TAR di Cagliari con la sentenza “Valery Melis è morto per cause che non hanno nulla a che vedere con l’UI”), un medico sardo stabilitosi in Kosovo, Andrea Cadelano, avesse scritto sull’Unione Sarda del 7 febbraio 2004: “…forse l’UI nella tragica vicenda di Valery Melis può non aver avuto un peso determinante….in queste zone non sono stati registrati casi neppure tra i bambini che pure giocano in mezzo ai carri armati e residuati bellici.

Orbene, considerati tutti questi precedenti perché riesumare problematiche già sviscerate da commissioni nazionali e organismi internazionali? Perché non concentrare invece l’attenzione dei vertici politici nonché dell’informazione sui gravi problemi che incombono sull’Italia, quali gli insostenibili costi di un’inarrestabile immigrazione clandestina, l’economica nazionale in caduta libera, la dilagante povertà e le precarie condizioni della sanità nazionale?

Sono da mettere urgentemente sotto osservazione anche le conseguenze e gli effetti collaterali del vaccino anti-covid. Fiumi di denaro buttati al vento per milioni di dosi di vaccino scadute, corruzione negli approvvigionamenti di presidi sanitari inefficaci, ritardi e omissioni delle terapie.

Il governo in carica dovrebbe fugare il sospetto che si ripropongano vecchie diatribe (tra cui questa sull’uranio impoverito) per distrarre l’opinione pubblica dai più seri problemi sopra citati, in primis il varo dell’auspicata commissione d’inchiesta. L’Italia detiene sia il record mondiale di vaccinati (oltre il 92% degli over 12 hanno completato il ciclo vaccinale) sia il tragico primato di “morti per covid”.

Va da sé che questa tragedia può essere stata la conseguenza di errori, primo tra tutti l’imporre un vaccino sperimentale sotto la minaccia di ricatti cha hanno spaziato dalla privazione del lavoro e dello stipendio fino alla radiazione dagli albi professionali, operazione comunque sostenuta da una martellante propaganda di cui non vanno dimenticati alcuni slogan che hanno fatto storia: “non si invochi la libertà per sottrarsi alla vaccinazione” e “non ti vaccini, ti ammali, muori e fai morire”.

Ciò detto prendono corpo tre consigli (non richiesti e quindi sicuramente non graditi) destinati ad altrettanti protagonisti del “caso Vannacci”. Il primo è rivolto a Roberto Vannacci: lasci l’esercito, come fece chi scrive nel Giugno del ’97 in segno di protesta allorché una certa sinistra invocò lo scioglimento della Folgore a seguito della “polemica Somalia”.

Anche chi scrive, forse per aver criticato ripetutamente nel corso della carriera quanto ritenuto criticabile (bilanci improponibili, retribuzioni inconfrontabili, impiego delle forze armate come manovalanza a basso costo) dopo aver comandato la “Sassari” fu “ripagato” con l’incarico di comandante della leva e reclutamento, posizione che mi consentì comunque di pensare ad un libro il cui sottotitolo sarebbe stato un esplicito “Alla vana ricerca di un esercito”, una fatica di cui si accorse solo il mondo non militare nonostante un “Fiorino d’oro” per la narrativa- edizione 2001.

A questo consiglio aggiungerei una preghiera: non prenda esempio dai predecessori che, dismessa la divisa, si sono buttati a sinistra per poi defilarsi anche in occasione di inaccettabili provvedimenti ministeriali (il ministro Andreatta distolse 206 miliardi di lire dal bilancio della Difesa per farne dono ai partiti e altrettanto fece la Trenta dirottando 500 milioni di euro dalla difesa al Movimento). 

Il secondo consiglio è per il ministro Crosetto: si dimetta senza indugio e si dedichi a tempo pieno ai suoi interessi, cosicché almeno i suoi soci non possano accusarlo di …conflitto di interessi. Contemporaneamente potrebbe dedicarsi al conseguimento di quella laurea in economia che aveva scordato di aver lasciato in sospeso. Il terzo consiglio è per il capo del governo: batta un colpo, anzi due, ma subito: il varo della commissione d’inchiesta Covid e il blocco navale per arginare l’insostenibile immigrazione clandestina. Se del 1.426.000.000 africani solo uno su diecimila progettasse di venire in Italia, a breve dovremmo accogliere altri 142.600 clandestini. 

Non mi permetto di indirizzare consigli al Capo dello Stato, nonché Comandante Supremo delle Forze Armate, in quanto non ho niente da aggiungere al suo edificante discorso tenuto il 25 agosto a Rimini in occasione del meeting di Comunione e Liberazione: un appello all’amicizia e all’accoglienza senza se e senza ma.

Mi duole che quell’accorato discorso possa essere stato scarsamente apprezzato dal crescente numero di italiani che dopo ave vinto a fatica la battaglia per il pranzo, la sera hanno dovuto arrendersi nella battaglia per la cena. Gen. D. (ris) Nicolò Manca»

didascalia: Generale Nicolò Manca

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